giovedì 8 novembre 2012

Skyfall, Fuori Orario ed altri filmetti


Dicevamo dello spezzare in due parti... 
Ripartiamo dal post precedente e facciamo un passo indietro per parlare di una manciata di film visionati prima della trasferta a Lucca.

Un po’ di tempo addietro un amico su Facebook aveva linkato una scena di un recente film horror che mi aveva incuriosito. Qualche giorno fa gli ho dato una chance. Si tratta di Quella casa nel bosco (Cabin in the wood).


Forse avevo visto dei trailer, non ricordo, ma ho iniziato a guardarlo con l’idea che fosse il solito teen horror, con il solito gruppo di ragazzotti che decidono di passare una vacanza nella solita casa sperduta tra i boschi e farsi qualche bagno nel lago. Ed effettivamente è così “oooh La Casa, Venerdì 13, abbiamo presente” e pure i protagonisti sono i perfetti stereotipi da film horror, c’è il tizio sportivo, la biondona svampita, la ragazza un po’ timida che già dall’inizio pensi “Questa sarà la final girl”, ecc.
Ma in realtà non è il solito film del genere, perché…
Scopritelo da soli che davvero non voglio rovinarvi nulla. Dico solo che a me ha parecchio divertito e mi ha colpito per come mischia vari elementi del genere e ci mette sempre un po’ di umorismo, parodiando in maniera originale una certa fetta di horror. Inoltre non mancano il sangue e un po’ di splatter. Sorpresa.


Incuriosito da alcuni commenti in rete mi sono recuperato anche tale Killer Joe di William Friedkin, film presentato a Venezia l’anno scorso ed arrivato nelle sale un mesetto fa.


Si tratta della trasposizione di un lavoro teatrale e vede un cast composto da Matthew McConaughey, Emile Hirsh, Thomas Haden Church, Juno Temple e Gina Gershon.
Senza spoilerare nulla la storia in breve ruota attorno a una famiglia, che definire disfunzionale sarebbe eufemistico, che vorrebbe assoldare un killer (il Joe del titolo, interpretato da Matthew Mc-se-non-me –lo-copio-non-ricordo-mai –come-si-scrive) per uccidere una persona. Come logico aspettarsi le cose non andranno come pianificato.
L’ho sentito definire “tarantiniano” o “coeniano”… mah ci sono alcune caratteristiche riscontrabili nelle pellicole dei registi citati, ma per il resto non saprei. Ci sono i personaggi “particolari”, per così dire, e c’è la vicenda dell’uomo comune (la famiglia, in questo caso) che si immischia in un mondo diverso del suo e si trova ad affrontare situazioni più grande di lui uscendone inevitabilmente con le ossa a pezzi, uno dei temi principali della filmografia dei fratelli Coen, da “Blood Simple” a “Fargo”, da “Non è un paese per vecchi” a “Burn After Reading”.
C’è un pizzico di humor nero, specie nella prima parte, ma è principalmente un film drammatico, anche grazie alla condizione di degrado umano della famigliola.
Nel complesso non mi è dispiaciuto, anche se mi ha lasciato più di un amaro in bocca, in particolare il finale, o meglio le ultimissime immagini.
Tra i motivi di interesse: gli attori se la cavano più che discretamente (McConaughey è perfetto per la parte) e alcune scene non lasciano indifferente lo spettatore… anche a costo di risultare, per qualcuno, potenzialmente disturbanti/weird. In particolare una sequenza quasi alla fine. Non aggiungo altro nel caso vogliate recuperarlo.
Ah… giusto per curiosità, Friedkin è stato il regista negli anni ’70 di due importanti film quali Il braccio violento della legge (1971, che gli valse un Oscar) e il classico dell’horror L’Esorcista (1973).

Il Fuori Orario del titolo è il film diretto da Martin Scorsese nel 1985.


Tra tutti i film di Scorsese che ho visto ad oggi è probabilmente il più… strano. Sicuramente il più fuori di testa.
Di fatto si tratta delle stravaganti disavventure in cui si imbatte un modesto impiegato (Griffin Dunne) nell’arco di una notte, a seguito dell’incontro con una donna in un bar che lo invita a raggiungerla a Soho.
Davvero gliene capitano di tutti i colori. Viaggi scatenati in taxi, incontri con personaggi bizzarri (l’artista di sculture in cartapesta, la cameriera alla ricerca di affetto, ladri di appartamento…), situazioni eccessive, inseguimenti, equivoci. Mentre il nostro insolito protagonista cerca senza successo di tornarsene a casa.
Tutto in una notte (che tra l’altro è un film di John Landis dello stesso anno), tutto in una città, la New York tanto cara al regista.
Non è un capolavoro, né tantomeno il miglior Scorsese (nemmeno degli anni ’80), ma il suo tocco traspare prepotente anche in un genere non propriamente suo come è la commedia. Certe inquadrature, scelte di montaggio, situazioni esagerate, direzione degli attori. La durata di circa un’ora e mezza può essere un buon incentivo alla visione.

Sulla scia dell’ascolto del primo album dei The Doors mi sono visto l’omonimo film.
L’anno è il 1991 e il regista è Oliver Stone, reduce da una seconda metà degli anni ’80 coi fiocchi: Salvador e Platoon del 1986, l’iconico Wall Street del 1987 e il secondo Oscar alla regia nel 1989 con Nato il quattro Luglio.


The Doors è un biopic sulla storia del famoso gruppo americano, ma va da sé che il film man mano che va avanti sia incentrato sulla figura del loro componente più famoso e iconico, Jim Morrison.
Era quindi necessario scegliere bene l’attore protagonista, per non affossare il progetto in partenza. E la scelta è ricaduta su Val Kilmer, al tempo probabilmente noto principalmente per il ruolo di Ice Man nel Top Gun di Tony Scott.
Di Kilmer non ho visto tantissimi film, ma comunque non mi ha mai fatto impazzire come attore (vedere alla voce Batman coi capezzoli di Batman Forever) però devo dire che in The Doors mi è piaciuto molto, soprattutto per il modo in cui si trasforma nel corso dell’evoluzione di Morrison, dagli inizi col gruppo fino agli ultimi momenti, prima della morte (ops, spoiler).
Purtroppo il film non è altrettanto convincente. All’inizio non è male, ci mostra il giovane Morrison, l’incontro con Manzarek (interpretato da Kyle MacLachlan, il Dale Cooper di Twin Peaks) e gli altri componenti del futuro gruppo, il processo di creazione delle canzoni, i concerti e tutto il resto. Ed è ok.
Poi con il successo della band arrivano gli eccessi e Stone decide di premere prepotentemente l’acceleratore su questo aspetto, rendendo buona parte del resto del film una raffigurazione di un Jim Morrison costantemente ubriaco e/o drogato, con i suoi eccessi e il rapporto con le due figure femminili principali (una Meg Ryan autrice di una prova piattissima e una più interessante Kathleen Quinlan) , a mio parere a discapito del lato artistico della band e della personalità dello stesso Morrison. Pare che il vero Ray Manzarek abbia detto di aver collaborato con Stone per raccontargli alcune vicende e aneddoti sui Doors e Jim, ma che il regista abbia volutamente tralasciato gli aspetti più divertenti e gioviali del cantante. E’ un peccato perché per oltre metà della pellicola (che ha anche una ragguardevole durata di quasi due ore e mezza) non si fa altro che vedere il protagonista barcollare per lo schermo e sclerare. E la colpa non è di Val Kilmer che tira fuori il massimo che si poteva da un personaggio scritto così.
A parte questo il film è comunque interessante e ben realizzato, come ci si aspetterebbe da un regista di quel calibro e dai suoi collaboratori. E poi la colonna sonora merita, e vorrei ben vedere.
Ma nonostante il risultato finale non del tutto riuscito mi sento di perdonare Oliver Stone, per il semplice fatto che nello stesso anno ha diretto anche il suo miglior film, J.F.K.

Concludo la carrellata con un film fresco fresco di uscita e che troverete ancora un po’ al cinema: il 23° capitolo della saga dell’agente segreto 007 Bond, James Bond e che risponde al nome di Skyfall.

Si tratta del terzo film con Daniel Craig protagonista, dopo la sua prima avventura nel 2006 con il riuscito Casino Royale che aveva rilanciato le quotazioni della serie.
Aveva seguito Quantum Of Solace, piaciuto decisamente meno ma comunque un discreto prodotto d’intrattenimento.
Questo Skyfall ha dalla sua un inizio subito nel pieno dell’azione con inseguimenti incredibilmente esagerati ma gustosi, un po’ come accadeva in Casino Royale e quasi l’opposto rispetto all’altro importante spy-action movie della stagione, quel The Bourne Legacy con cui ho inaugurato il blog e che manteneva il top dell’azione in serbo come ammazzacaffè e partiva con una parte che mirava a studiare personaggi e retroscena.
Dopo l’iniziale scarica di adrenalina il film si assesta su binari più lenti con qualche sprazzo qua e là.
Il problema che personalmente ho riscontrato è che due dei suoi difetti li ha presi dai predecessori: una storia che non riesce a convincere del tutto ereditata da QoS e una durata eccessiva che, se per Casino Royale non si sentiva troppo perché c’era il sostegno di una buona sceneggiatura,in Skyfall da la sensazione di avere di fronte un brodo allungato, con varie scene che potevano benissimo essere tagliate e una storia che non mi ha convinto.
Colpa anche del villain principale del film: Javier Bardem. Che per buona parte del tempo sembra urlare “I’m ACTIIING!”, è autore di alcuni momenti alquanto creepy nei primi minuti di incontro con Bond e soprattutto ha un piano criminale da “Ma perché???” (ma questi ultimi 2 sono problemi più di chi ha scritto la sceneggiatura).
Arrivato alla fine mi sono sentito in parte divertito, perché comunque della buona azione c’è, Craig fa il suo, c’è qualche approfondimento sul passato di Bond, strizzate d’occhio ai vecchi film (non sono un fan di 007) e ci sono alcune cose interessanti. E in parte intento a sciacquarmi il gusto amaro dalla bocca per via di una storia ballerina, di un cattivo da cartone animato e varie scene un po’ così.

Inoltre in questi giorni ho visto anche un paio di film in vista di una futura Top 5 su un certo attore, ma mantengo il riserbo sull’identità per adesso. To be continued…

1 commento:

  1. Il film di Stone sui Doors potrebbe tranquillamente infilarselo nel culo. Non ha capito un cazzo, dei Doors, quell'idiota.

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